5 maggio 2018, ore 01:50, Monsignor Michele Castoro si spegne nella Casa Sollievo della Sofferenza. A un anno dalla sua scomparsa, la sua figura continua ad essere forte presenza nella grande famiglia dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, dei Gruppi di Preghiera e dell’Opera di San Pio.

di don Pasquale Pio Di Fiore

Non è sempre facile aprire lo scrigno dei ricordi, specie quando potrebbero provocare nostalgie forti. Ma sono i ricordi a muovere il presente, a scuoterlo e a definirlo perché diventano centri da cui si sprigionano insegnamenti ed esempi destinati a sfidare le barriere del tempo per farsi concretezza di vita. Questo scrigno lo si apre con devozione e con tanto senso di rispetto quando si ha a che fare con dei testimoni di santità che hanno calcato le nostre stesse strade e qualche volta incrociato i nostri sguardi.

È per riconoscenza che questo tesoro di memorie si apre oggi per ricordare l’esempio di Monsignor Michele Castoro ad un anno dal suo transito pasquale al cielo, il 5 maggio. Chi ha avuto modo di incontrarlo e di scambiare anche solo qualche parola con lui ricorda chiara la statura umana e spirituale di questo uomo di Dio che ha fatto dell’amore appassionato alla Chiesa e al nome di Cristo l’ispirazione del suo ministero episcopale durante i suoi nove anni di servizio nell’Arcidiocesi sipontina e come Presidente dell’Opera di Padre Pio.

La poliedricità della sua esperienza di sacerdote e vescovo si è fatta strada in un’umanità ricca, sensibile e dedicata all’ascolto delle diverse realtà che la interpellavano. Il vescovo Michele non si è mai tirato indietro di fronte all’istanza del dialogo con un mondo che chiedeva – e chiede – alla comunità cristiana più coerenza, maggiore sincerità di testimonianza e un accresciuto senso di responsabilità. Il fiore all’occhiello del suo ministero stava proprio nel coraggio di questo ascolto prudente e attento, nell’attenzione ai dettagli anche minimi dietro ai quali spesso si celava la volontà di Dio.

Tra le tante cose che si potrebbero ricordare di lui mi piace evidenziarne tre, come altrettante direttrici che hanno segnato il suo cammino di cristiano e di pastore. Monsignor Castoro è stato anzitutto un uomo cordiale, nel senso più vero del termine: un uomo che ha messo il cuore in tutto quello che faceva, un maestro che faceva della misericordia l’unità di misura delle cose e delle situazioni. Così la razionalità e la convenienza, che spesso pretendevano la parte più consistente, trovavano nell’accondiscendenza misericordiosa il loro contrappunto più umano. Mente e cuore si componevano insieme nel cammino di discernimento sui problemi e le soluzioni ma – se un favore si doveva esprimere – il vescovo Michele puntava proprio al cuore perché è proprio ad esso che il Signore guarda, oltre le apparenze.

Monsignor Castoro era poi un uomo “sintetico”, non tanto perché amava esprimersi nel nascondimento e con poche parole quanto perché sapeva mettere insieme più istanze, più attitudini componendole in un ampio mosaico di comunione. È quanto si chiede a Dio per il nuovo vescovo nella preghiera di consacrazione episcopale: disporre i ministeri della Chiesa secondo la sua volontà, senza far prevalere la comodità o il solo tornaconto personale. La comunione è un’opera di fine cesellatura che richiede tempo e sforzi per liberarsi continuamente di sé, della propria voglia di primeggiare per far emergere l’armonia di una vita buona vissuta insieme, nella condivisione di lentezze e talenti. In essa è Dio che “primerear” (come ricorda Papa Francesco), che prende l’iniziativa e precede. I pastori buoni, come lo fu il vescovo Michele, riconoscono questa precedenza e la sostengono con la forza della propria preghiera.

Infine, il vescovo Michele è stato un uomo elegante. Nella mente di tutti è impresso il suo tratto gentile, non comune in persone che ricoprono un certo ruolo di responsabilità. L’eleganza di Monsignor Castoro è segnale che, per lui, prima degli incarichi e dei titoli c’erano le persone, che bisognava attirare a Cristo con la gentilezza dei gesti e la vicinanza premurosa. “Una bocca amabile moltiplica gli amici” (Sir 6,5) e, ancora di più, moltiplica i discepoli di Cristo quando le azioni, prima delle parole, spianano davanti l’accoglienza del Vangelo. Così è stato Monsignor Michele, testimone di una santità sorridente, vita benedetta e straordinaria nella sua semplicità, piena di buoni frutti che matureranno ancora nell’avvenire.

Martedì 7 maggio, il Vescovo Michele sarà ricordato nella Cattedrale di Manfredonia. La Santa Messa delle 19:00 sarà presieduta dall’Arcivescovo Padre Franco Moscone