Editoriale di Padre Luciano Lotti – estratto 
(apparso sulla rivista “La Casa Sollievo della Sofferenza” – numero di Novembre-Dicembre 2020)

Nei diari di Nina Campanile troviamo un meraviglioso ricordo del Natale. A San Giovanni Rotondo era arrivata un’abbondante nevicata e il gruppo di terziarie del paese, raggiunse con fatica la chiesetta del convento per la messa di mezzanotte. Erano andate in anticipo, affrontando con la neve la lunga strada che, allora, sembrava andare verso l’ignoto, visto che il paese terminava all’incrocio con la strada che portava a San Marco in Lamis. Poi una strada stretta, non asfaltata, percorribile a fatica col carretto, saliva verso il conventino isolato.

Padre Pio ripagò quei sacrifici: fece accendere subito un bel fuoco nella saletta dove riceveva le giovani terziare per la loro formazione e poi si fermò con loro a contemplare il mistero che stavano per celebrare. Piano piano il racconto di Padre Pio diede vita ai diversi personaggi dell’Antico Testamento e alle profezie sulla venuta di Gesù. Con gli occhi che diventavano sempre più carichi di commozione rievocò le pagine più belle della Scrittura, spiegando con poche parole la grandezza del mistero che stavano celebrando.

Quello era finalmente il suo Natale, l’anno precedente (quello del 1916) lo aveva trascorso in caserma. Dopo tanto tempo, raccontò lo stratagemma che organizzò con grande arguzia, come sapeva fare lui, per poter celebrare le tre messe di Natale. In caserma c’era una chiesetta, ma la figlia del sagrestano, che fungeva anche da custode, quel giorno, dopo la messa di mezzanotte, decretò che una messa sarebbe bastata per tutti. E così chiuse la chiesa e non se ne parlò più. Il soldato Francesco Forgione (lo sappiamo, era il nome di Padre Pio), non accettò di buon grado quella sentenza e così girando di qua e di là, scoprì una porticina interna che dava dalla caserma alla sagrestia.

Chiamati gli altri sacerdoti che erano militari come lui, entrarono di soppiatto e uno per uno dissero le tre messe. Mentre uno di loro celebrava e Padre Pio gli serviva la messa, arrivò la figlia del sagrestano e prepotentemente gli domandò: «Che fate? Come siete entrati?»  E lui, a bassa voce come per non distrarre il sacerdote: «E che ne so io? La porta era aperta».

 

Poco conta se la messa di Natale nella nostra parrocchia è stata celebrata alle 20quello che importa è vivere il Natale con quella capacità che aveva Padre Pio di rievocarlo nella sua vita.

Il Natale è la celebrazione della povertà: Dio che da ricco si è fatto povero. Se non riusciamo a ricavare uno spazio per sentire anche tangibilmente questa povertà di Dio nella nostra vita, probabilmente anche quest’anno non ci rimarrà nulla del Natale.

Forse, proprio le ristrettezze di questi giorni, possono aiutarci a vivere la venuta di Gesù in una dimensione diversa, ma senz’altro più vicina allo spirito del Natale e alle aspettative di Padre Pio. Proprio lui ne parla in una lettera alle sorelle Ventrella: «Ditemi, mie care figliuole, voi sapete bene che alla nascita di nostro Signore i pastori udirono i canti angelici e divini degli spiriti celesti, la scrittura lo dice, ma non dice però che la Vergine sua Madre e san Giuseppe, che erano i più vicini al Bambino, udissero la voce degli Angeli o vedessero quei miracolosi splendori, anzi per contrario, invece di udire gli angioli cantare, udivano piangere il Bambino, e videro a qualche lume, mendicato da una lampada vile, gli occhi di questo divino Infante, tutti bagnati di lagrime nel pianto, tremanti pel freddo». (Epist. III, p. 565) Accettare le ristrettezze che ci vengono dalle attuali circostanze vuol dire vivere quel Natale da poveri di spirito che maggiormente ci avvicina a Padre Pio.

A questo punto, potremmo accennare a un qualcosa che senz’altro è già diffuso tra i nostri Gruppi, ma che è bene ricordare. Il Natale da poveri dev’essere anche il Natale con i poveri; una solidarietà che sia significativa, che si attenzione a chi ha veramente bisogno e renda la nostra carità generosa e disponibile all’ascolto e alle attenzioni degli altri.

Povertà a fuoco, accoglienza e ricchezza interiore: sono questi i veri ritmi del Natale, quelle dimensioni spirituali che possiamo ritrovare dentro noi stessi, facendo silenzio e disponendoci a vivere il mistero di un Dio che si fa povero per vivere tra noi.