Mi chiamo Luciano Venanzi, sono nato a Ponte San Giovanni, frazione di Perugia, il 19 novembre 1937, terzogenito di Ada e Antonio Venanzi. I miei fratelli maggiori, Valerio e Amedeo, salirono al cielo a pochi anni di vita. Già dal 1939 rimasi solo, unica consolazione dei miei genitori i quali vivevano nel timore continuo di perdere anche me, essendo molto gracile. Fu così che decisero di recarsi a San Giovanni Rotondo con un loro cugino, don Remo Palazzetti, con lo scopo di avere un conforto, una parola di sollievo da quel frate di cui si stava già spargendo la fama di santità.

Don Remo era già figlio spirituale di Padre Pio e fin da giovane sacerdote si recava a San Giovanni Rotondo con la sua moto per incontrare il Padre di cui sentiva forte il richiamo.

Nell’autunno del 1939, i miei genitori affrontano, con lo zio don Remo, questo viaggio verso il paese garganico, non fu certo facile per quei tempi, soprattutto con un bambino di due anni non ancora compiuti.

Mi raccontò mia madre che un pomeriggio, dopo la funzione religiosa, ci trovammo nell’orto con Padre Pio. Fu allora che Egli, avvicinandosi a mio padre che mi teneva in braccio, mi pose la sua mano sulla testa pronunciando queste parole: “sano, santo, vecchio”. Indubbiamente il sant’uomo aveva già letto nel cuore di mia madre e di mio padre il motivo per cui erano giunti fin lì.

Da quel momento la devozione dei miei genitori verso il Padre fu forte e fu trasmessa a tutta la mia famiglia che, alcuni anni dopo, visse la gioia della nascita dei miei fratelli minori Valeria e Giuseppe.

La mia fanciullezza e adolescenza trascorsero senza problemi di salute, come preannunciato da San Pio. All’età di 20 anni mi arruolai volontario nell’Arma dei Carabinieri e, dopo il primo anno a Torino, fui inviato alla Legione Carabinieri di Palermo. Avendo un fisico robusto e prestante, entrai a far parte del gruppo atletico Canottieri-Palermo disputando gare regionali, nazionali e internazionali.

Accade però, nel 1962, che, a causa di una malattia, mio padre venne a mancare. Tornai nel mio paese, la mia famiglia aveva bisogno di me.

Dopo anni di disoccupazione, nel 1966 fui assunto presso un Ente parastatale. Fu in questa occasione che mi venne chiesto il certificato medico. Durante il controllo, il dottore mi disse che era presente nel torace una macchia di notevoli dimensioni. Fui molto sorpreso poiché non avvertivo alcun dolore, ma approfondii i controlli. Mi consigliarono un intervento chirurgico: occorreva asportare la settima costa sinistra dove c’era una malformazione. Ricoverato in ospedale feci un voto ricordando le parole del Padre ripetutemi sempre dai miei genitori fin da quando ero bambino: da cinque anni ero fidanzato con Nuvoletta e se tutto fosse finito per il meglio, mi sarei sposato a San Giovanni Rotondo. Prima di entrare in sala operatoria misi sotto il pigiama un’immagine di Padre Pio – che ancora porto con me anche se molto sbiadita. Durante l’intervento, sebbene fossi sotto anestesia totale, riuscii a sentire inspiegabilmente lo sforzo fatto dal medico nell’asportare la costa e pronunciare queste parole «come faceva a vivere con questo “malloppo” senza accusare minimo dolore?». Alcuni giorni dopo, restammo entrambi meravigliati quando, raccontato dell’accaduto, il dottore mi disse che era davvero una questione assurda la mia lucidità durante l’intervento nonostante l’anestesia.

Alcuni mesi dopo l’intervento decisi di mantenere fede al voto fatto e con Nuvoletta ci recammo a San Giovanni Rotondo per sposarci. Lo zio don Remo prese i contatti con il Convento. Il 10 luglio 1967 dopo aver partecipato alla messa di Padre Pio delle cinque del mattino, ci recammo in albergo per prepararci per il nostro matrimonio che si sarebbe svolto alle dieci nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Giunti nella Chiesetta, con grande meraviglia trovammo Padre Pio sul matroneo alla nostra sinistra; assistette a tutta la cerimonia affacciandosi di tanto in tanto per guardarci. In quei momenti, oltre noi e lo zio don Remo, la persona più commossa era mia madre che ricordava le parole del Padre di tanti anni fa. Malgrado gli invitati alla cerimonia fossero pochi, in breve tempo la chiesa si riempì di fedeli – forse si era sparsa la voce della presenza del Padre.

La mia vita è stata un susseguirsi di momenti lieti e anche tristi ma ho sentito Padre Pio sempre vicino per proteggermi e consolarmi nei periodi più difficili, per questo motivo, nel 1992, io e Nuvoletta decidemmo di celebrare il 25° anno di matrimonio ancora a San Giovanni Rotondo. Lo zio don Remo, ormai novantenne, venne insieme a Padre Rinaldo ad officiare la Messa nella primitiva chiesetta di Santa Maria delle Grazie.

Il 10 luglio 2017, io e Nuvoletta abbiamo festeggiato il nostro 50° anniversario di matrimonio. La celebrazione eucaristica è stata presieduta da Padre Rinaldo sempre a San Giovanni Rotondo.

Il Padre mi aveva detto “SANO” e io ho subito 12 interventi chirurgici alcuni molto difficoltosi e a volte rischiosi, ma ho sempre chiesto, prima di entrare in sala operatoria, la sua protezione e lui è sempre stato al mio fianco.

Mi aveva detto “SANTO” e con gli anni ho compreso il perché di tale parola: nel 1993 (anno in cui morì lo zio don Remo) il mio unico figlio, Antonio, nato nel 1968, si ammalò. Fu operato al polmone all’ospedale Forlanini di Roma. Sembrava una cosa risolutiva ma non fu così, lo stesso male si ripresentò dopo circa dieci anni. Fu operato nuovamente allo sterno e due volte al fegato. Per lui fu un calvario. Per noi, sua moglie e la sua bambina fu una sofferenza atroce. Morì poco dopo. Solo la preghiera e la fede ci aiutarono e ci aiutano tutt’ora ad andare avanti.

Adesso ho 80 anni, una bella età considerando le malattie, i dolori, le tribolazioni, ma non mi sento ancora “VECCHIO”.

Sono Animatore del Gruppo di Preghiera di Padre Pio dell’Unità Pastorale di Ponte San Giovanni. Ero presente alla posa della prima pietra del Santuario dedicato a San Pio che è sorto a Castel del Piano, in provincia di Grosseto, e mi sono commosso nel momento in cui ho messo la mia firma sulla pergamena inserita in questa pietra che è il fondamento di quel gran complesso certamente voluto dal Padre stesso con l’aiuto di Dio.