La testimonianza di Gino Lenti, figlio spirituale di Padre Pio

Penso di essere tra i privilegiati di Dio, per avermi concesso la grazia di incontrare l’amato Padre Pio. Fu nella sacrestia della chiesetta antica che lo vidi per la prima volta. Era fra due frati: si recava a qualche funzione, poiché dopo essersi lavato le mani nel lavabo ed essersi asciugato nel telo, si diresse verso l’armadio per indossare i paramenti sacri. Vi erano diversi uomini presenti, mi rivolsi ad uno vicino a me chiedendo: «Qual è Padre Pio?», «ma quello in mezzo!» mi rispose. Con quel suo nascondimento ai miei occhi, voleva forse trasmettermi quell’umiltà che certamente aveva visto mancare nel mio cuore.

Come sono giunto alla conoscenza di Padre Pio? Era il 1950, ero amico di un giovane col quale trascorrevo le giornate festive in allegra compagnia. Laureatomi, andai ad insegnare in una cittadina di un’altra provincia, lontana dalla mia residenza. Durante il periodo carnevalesco, nel mio primo anno di lontananza, ricevetti un telegramma doloroso in cui mi si annunciava la morte improvvisa di questo mio giovane amico. Andai al suo funerale. Piansi.
Quando, poco dopo, mi iniziai ad allontanare dalla Chiesa e dai Sacramenti, incominciai anche a pensare a ciò che sarebbe successo alla mia anima se mi fossi trovato al suo posto. Il pensiero mi dava il tormento e decisi di andarmi a confessare, ma non trovai la tranquillità.

Gino Lenti mentre riceve la Comunione da Padre Pio

Un pomeriggio, passeggiando nella cittadina dove insegnavo, incontrai un caro amico di tempi lontani, il professor Egidio Milano che non vedevo da tanti anni. L’incontro fu cordialissimo. Parlammo dell’amicizia che ci aveva legati per tanto tempo e gli chiesi il motivo della sua venuta in quella cittadina. Mi parlò con grande entusiasmo delle conferenze cui andava tenendo in diversi luoghi, per divulgare la conoscenza di Padre Pio e della sua opera, la Casa Sollievo della Sofferenza in San Giovanni Rotondo.
Mi celebrò il frate ed io gli confidai le mie ansie. Mi consigliò di andare da Padre Pio: «vai, rivolgiti a lui a chiedergli di diventare suo figlio spirituale». Accettai il suo consiglio e per prima cosa scrissi una lettera al Padre. Ebbi una pronta risposta nella quale fu evidenziata la frase «Si tranquillizzi, lo metto nel cuore di Gesù che penserà a curarlo. Lo benedico». La lettera, una lunga missiva, era firmata dal Dottor Sanguinetti.
Dopo aver ricevuto questa lettera, iniziai i miei numerosi viaggi a San Giovanni Rotondo. Le vacanze di Natale, di Pasqua e dell’estate erano i periodi favorevoli che mi permettevano di recarmi dal Padre e di trattenermi vicino a lui per tempi più o meno lunghi.
Durante i numerosi incontri, gli rivolsi molte e molte richieste. La prima fu: «Padre, mi accettate come figlio spirituale?», rispose: «Però dovete fare del bene».

Un’altra volta (chiedevo sempre al Padre circa ogni mia decisione) gli  chiesi cosa ne pensava del mio trasferimento in un’altra città per motivi di lavoro e mi rispose: «Prima vedete se potete viverci». Rimasi senza parola, per il semplice motivo che vivere in una città piuttosto che in un’altra, per me non avrebbe fatto differenza alcuna. Invece durante l’anno scolastico accadde qualcosa di imprevisto per cui dovetti lasciare quella città. Una mattina ero provato più del solito, mi trovavo nella nuova chiesa dove il Padre, come al solito sostava nel matroneo a pregare. Sapevo che il Padre era devotissimo degli Angeli Custodi quindi decisi di inviargli il mio affinché mi desse supporto. Al pomeriggio incontrai il Padre e gli posi la stessa richiesta del mattino fattagli tramite l’angelo custode: «Padre aiutatemi!», «vi ho aiutato questa mattina!» rispose.
Quale meraviglia, quale commozione: aveva sentito la mia richiesta rivoltagli dal mio angelo custode.

Gino Lenti (a sinistra) e Gherardo Leone nel 2001

Ricordo poi che un giorno andai a San Giovanni Rotondo per porre al padre un parere e tornarmene subito nella mia residenza abituale. Per tale occasione mi feci annunciare dal caro fra Giovanni Sannarone: «Padre, c’è il Preside!» disse ed egli rispose «Ah! Nessuno!». Penso che con questa risposta, il Padre abbia voluto insegnarmi l’umiltà, quell’umiltà che lui stesso dimostrò nei miei riguardi la prima volta che lo vidi e non lo riconobbi.

I profumi del Padre molte volte si sono fatti sentire nelle mie venute a San Giovanni Rotondo: un odore acre di acido fenico; ricordo che in un caldo pomeriggio d’estate attendevo il padre che scendeva per recarsi nella sacrestia della Chiesetta antica, al suo giungere, mi avvolse un’ondata di profumo di rosa, da stordirmi.

Stranamente non ricordo alcuna penitenza conseguente le confessioni fatte al Padre, tranne quella relativa alla prima assoluzione per la quale mi diede 12 Pater Ave e Gloria da recitare a San Michele Arcangelo.

Come si può dire “grazie” a Padre Pio! È talmente grande la sua santità che non posso ampliare la mia mente per raggiungere un cerchio di limite immaginabile per poterlo comprendere.

Andai a San Giovanni Rotondo per il funerale del Padre. Lo vidi per l’ultima volta nella bara attraverso il coperchio di vetro. Gli dissi titubante e commosso: «Mi avete fatto tanto bene!». Sono state parole uscite dal cuore, pronunciate senza problemi di forma, per dirgli tutta la mia riconoscenza, di figlio spirituale, anche se non sempre sono stato fedele alle preghiere.

Mi confessai da lui per l’ultima volta, il 22 agosto 1968, un mese prima che salisse al Cielo.
Gli chiesi: «Siatemi ancora Padre!»  in quanto non ero vissuto secondo il suo desiderio. Mi guardò con due occhioni grossi così, come per dirmi: «Non ci vedremo più su questa terra». Compresi il significato di quel suo sguardo, solamente dopo la sua dipartita.  E ancora aggiunsi: «Datemi pace!». «Pace, pace!». «Compite il vostro dovere!». «Io lo compio!». «E io vi aiuto».
Questa è stata l’ultima promessa fattami ad a cui ora ho adempimento.