L’omelia di Padre Franco Moscone tenuta durante la Celebrazione Eucaristica del 22 marzo 2020 nella Cripta di San Pio da Pietrelcina

Cari fratelli e sorelle dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio,
ho desiderato questo momento chiedendo di riunirci tutti durante questa Celebrazione Eucaristica della IV domenica di Quaresima. Insieme vogliamo sentirci spinti dal nostro Padre Fondatore a essere persone di preghiera, a rimboccarci le maniche con la preghiera soprattutto in questo momento tragico e difficile. È la nostra ora, l’ora che Padre Pio ci ha consegnato e che vogliamo accogliere come nostra vocazione.

Devo fare una confidenza: non è facile, nella situazione in cui stiamo vivendo, neppure per un Vescovo, commentare la parola di Dio e tenere l’omelia, perché ci si aspettano parole, ci si aspettano sicurezze, si aspetta conforto; sono tutti sentimenti e desideri leciti, ma vi assicuro che non sono facili da trasmettere.
La forza resta nella Parola del Signore, che ci viene regalata continuamente e che non manca. E allora con questa forza, con queste “medicine” che vengono dalla Parola e dai Santi, dal nostro Santo, che ho il coraggio di parlarvi e poi consegnarvi una supplica per Padre Pio in questo periodo particolare di Coronavirus.

Ascoltando le parole del Vangelo di oggi (Gv 9,1-41) mi sono chiesto se questo Vangelo che abbiamo ascoltato, dice a noi qualcosa della situazione che stiamo vivendo: inizia con una domanda “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?” e Gesù risponde “né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”.
La prima cosa che vorrei dire è che si allontanino da noi certe immagini false di Dio, di vederlo come il castigatore o il giudice, colui che ha mandato una pestilenza. Non è il nostro Dio! Il nostro Dio è il Dio che per l’umanità è morto in croce, che ha dato la sua vita per l’umanità perché l’umanità viva e non perché muoia e ha offerto a Padre Pio le sue stimmate, i suoi segni perché questo potesse continuare ad essere visibile. Il nostro non è un Dio che giudica e condanna, ma un Dio che vive di misericordia e di perdono, che dà lui il sangue per noi e non chiede il nostro sangue per lui. Com’è anche da fuggire l’idea che arrivi improvviso un miracolo da parte del Signore: il nostro Dio non è un mago, non è uno stregone, non è uno che si sottrae o si sostituisce alle nostre responsabilità, ma è uno che le esalta e ci chiama ad obbedire alle nostre responsabilità.

Il protagonista del Vangelo di oggi è un cieco nato, che ha vissuto nella notte l’intera sua vita prima di incontrare il Signore anzi, non è stato lui a vederlo, è Gesù che per primo lo ha visto ed è intervenuto. Chi è questo cieco? Siamo noi oggi! È l’intera umanità, che ha bisogno di luce per ricredersi e ritornare a vivere, che ha bisogno di quella luce che dà forza alla ragione e coraggio al cuore e alla creatività umana, ma c’è bisogno di uscire da alcune situazioni o da alcune convinzioni che negli ultimi tempi ci hanno preso.
Abbiamo bisogno della luce della fede che ci ricordi che non siamo i creatori ma siamo creature: non è vero che ci è lecito tutto e che tutto ciò che è possibile si possa fare senza conseguenze; non è vero che siamo capaci di tutto, nonostante i grandi progressi umani rimaniamo creature limitate e costrette a spazi particolari. Ed essere tutti chiusi oggi nelle nostre case, nei nostri ambienti di cui conosciamo in metri quadri ci ricorda, senza dubbio, la forza e il dovere del limite. Che la fede ci ridia la convinzione di non essere creatori ma creature.
Che la fede ci dia la convinzione che non siamo degli individui indipendenti e indifferenti gli uni agli altri, ma che siamo persone in continua relazione gli uni con gli altri, che ci salviamo tutti insieme o si salva nessuno, che solo la solidarietà dà forza alle nostre vite e al nostro essere.
Un’altra convinzione che dobbiamo riprendere e che chiediamo alla luce della fede è che non siamo i padroni del pianeta, non siamo i padroni di questa terra, ma su questo pianeta siamo tutti ospiti, al massimo siamo dei custodi e quindi responsabili. C’è molto da fare soprattutto per quest’ultima convinzione che non è solo luce di fede, ma anche di ragione e di memoria. L’umanità cerca e ha bisogno di questa luce per poter guardare verso l’alto – come ci ha detto il Papa oggi all’Angelus.

A noi persone di fede e in particolare persone ispirate da San Pio chiedo di essere intercessori di preghiera affinché l’universalità di questo male sia superata dall’universalità della preghiera, della compassione e della tenerezza
Il termine preghiera deriva dal latino “prece” e ha la stessa etimologia del termine “precario”: la preghiera ci ricorda che siamo tutti precari, ma ricordiamo che la preghiera raggiunge il cuore di Dio e Dio può raggiungere il cuore di ogni uomo ed è per questo che vi consegno questa sera, nella cripta del nostro Fondatore, la supplica che ho scritto a Padre Pio.

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questa Celebrazione Eucaristica e in particolare i membri dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio e voglio ricordare, ancora una volta, che come Gruppi di Preghiera, come persone di preghiera legate a Padre Pio, siamo stati affiancati da Casa Sollievo della Sofferenza, Cittadella della Carità.
Non dimentichiamoci di pregare e di donare per la nostra Casa e per gli ospedali che in questo periodo ne hanno molto bisogno: hanno bisogno del nostro sostegno, del nostro conforto e del nostro aiuto. Non facciamoglielo mancare. Siamo generosi.

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SUPPLICA A PADRE PIO IN TEMPO DI CORONAVIRUS

O glorioso Padre Pio,
quando ci hai costituiti Gruppi di Preghiera ci hai «affiancati a Casa Sollievo, come posizioni avanzate di questa Cittadella della carità», e ci hai assicurato che la nostra vocazione è essere «vivai di fede e focolai d’amore, nei quali Cristo stesso è presente».
In questo tempo di pandemia diventa impossibile riunirci fisicamente come Gruppi di Preghiera, ma ognuno di noi sa di essere persona di preghiera in comunione con tantissime altre   e di molte ne conosce i nomi ed i volti. In questo tempo tragico, o glorioso P. Pio, facci sentire che siamo veramente uniti in un solo grande Gruppo che abbraccia tutto il mondo e che si fa voce di tutte le Cittadelle di carità che lottano, soffrono e pagano con la loro professionalità per sconfiggere il male del coronavirus.

O glorioso Padre Pio, fatti mediatore della nostra preghiera presso il Cristo Crocifisso, da cui sei stato costituito cireneo dell’umanità. 

Attraverso la tua mediazione vogliamo intercedere:

  • per le persone colpite dal virus e per quelle che per questo flagello hanno lasciato questo mondo: “feriti e caduti” di una guerra giunta improvvisa e senza essere dichiarata;
  • per le famiglie dei defunti e dei malati, segnate nei legami più cari e in apprensione: “vittime inermi” di un nemico giunto come un ladro a modificare gli affetti e le relazioni;
  • per chi è costretto all’isolamento in quarantena: esperienza quasi di “arresti domiciliari”, non per una colpa commessa, ma toccato da un avvenimento incomprensibile, magari infettato mentre compiva il proprio dovere professionale;
  • per i medici di famiglia e gli operatori del primo soccorso: in “trincea”, con poche sicurezze e, a volte, senza mezzi a combattere un nemico invisibile;
  • per i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari e i lavoratori tutti dei presidi ospedalieri: “campi di battaglia” senza orari, turni e con forze che sembrano diminuire;
  • per i responsabili della vita civile, governanti ed amministratori: leaders in tempi calamitosi, obbligati ad assumere decisioni che appaiono amare e impopolari;
  • per il mondo dell’economia, per i lavoratori, gli operai e gli impenditori di tutte le categorie, che vedono indebolita la loro attività e temono per la resistenza delle loro imprese: toccherà a loro la ricostruzione al termine di questa “guerra”; che si rafforzi in loro la creatività ed il senso del bene comune;
  • per i dimenticati: anziani e persone che vivono sole, mendicanti e homeless, tutte categorie rimaste come “escluse” dai circoli relazionali, che già erano in difetto e labili nei loro confronti;
  • per gli ultimi che non appaiono più nell’informazione giornalistica e televisiva: gli emigranti, i rifugiati, chi rischia la vita attraversando sui barconi il “nostro mare”: tutti questi esistono ancora, come prima, e continuano il loro Calvario;
  • per ognuno di noi, che vive questo tempo col cuore ferito, ma sa che soprattutto in una situazione come questa deve essere ancora di più vivaio di fede e focolaio d’amore.

Aiutaci, o glorioso Padre Pio, a intercedere per tutte queste persone: sono la carne di Cristo, sono l’Eucaristia, che in questi giorni non possiamo ricevere; sono l’Eucaristia vivente, fatta persona debole e sofferente … sul loro volto risplende il Volto del Figlio di Dio, il dolcissimo Gesù Crocifisso e Risorto.
Amen!