Dal “Diario Intimo Spirituale” di Cleonice Morcaldi

È la Pasqua del 1962 e i figli spirituali vivono con grande dolore l’allontanamento da Padre Pio, posto sotto sorveglianza da sacerdoti mandati dal Vaticano. Basterà la sua presenza nella Celebrazione Pasquale a consolare gli animi.

Non sono solita far delle promesse al Signore, conoscendo la mia debolezza nel mantenerle. Ma in questo periodo, meditando la dolorosa passione del Padre, ho fatto il proponimento di non lamentarmi più delle mie piccole croci, che sono inezie e gingilli di fronte al grande patire del Padre. Cielo, terra, inferno sono sempre pronti a colpirlo. Il cielo perché la vittima si è addossata le iniquità dei fratelli; la terra che non lo comprende e lo perseguita; l’inferno che, non essendo riuscito a distruggerlo direttamente, suggerisce infami disegni ai suoi nemici.

Siamo nella Pasqua del 1962. Il guardiano siciliano è ancora fra noi. Ha voluto far lui le funzioni della Settimana Santa, con grande dolore di tutti i figli spirituali che ogni anno accorrevano, da tutte le parti del mondo, per assistere alle funzioni del crocifisso vivente, dell’Agnello di Gesù.

Il giovedì e il venerdì santo erano i giorni più belli dell’anno, i più attesi, i più commoventi! Poiché il Padre possedeva tutto Gesù, divideva con lui i misteri della redenzione umana. La grande chiesa era vuota. Giusta risposta a colui che ha voluto sostituire il grande crocifisso!

Finalmente il giorno di Pasqua rivedemmo l’amato Padre sull’altare. La chiesa era affollatissima. I nostri occhi non si saziavano di guardarlo, i nostri cuori di amarlo con rinnovato, crescente affetto. È stato sempre questo l’effetto che producevano le persecuzioni e le restrizioni di coloro che ci volevano togliere colui che Dio ci aveva mandato.

Padre caro, Padre buono, è vero, siamo tutti cattivi, siamo peccatori, ma ti amiamo tanto, e riconosciamo che in te c’è tutto Gesù, il nostro amabile Redentore, il misericordioso Salvatore. Nel deserto di questo basso mondo l’anima nostra, come cervo assetato, corre a te, oasi verdeggiante e profumata. Corre al tuo cuore materno, che ci ha rigenerati nei dolori della sua passione. Sei grande, sei buono, o babbo mio… abbi pietà della nostra miseria, della nostra povertà. Chi può parlare di te, o figlio primogenito del divin Crocifisso, o angelo confortatore della povera umanità?

Tu stesso l’hai detto: «A quale altezza il Signore ha elevato l’anima mia!».

Nella profonda umiltà del tuo spirito, riconosci tutto quello che l’Altissimo operò in te e con la Vergine ripeti spesso: «Magnifica l’anima mia la grandezza del Signore, che grandi cose ha operato in me!».

Anch’io esulto di gioia e di riconoscenza verso Gesù che mi ha dato te per babbo e mamma. Chi potrà mai enumerare le tue premure e le tue attenzioni e, soprattutto, le sfumature del tuo tenero e forte amore per me? Il tuo, è vero amore, inconcepibile amore. Solo te, dopo Dio, posso chiamare Padre mio; solo te, dopo la Vergine, posso chiamare Mammina mia.

In confessione dissi al Padre: «Tante volte cado nella tristezza, pensando che ho offeso un cuore sì buono».
Mi rispose: «Porta sempre nel cuore il dispiacere, e fa che abbondi la corrispondenza alla grazia dove abbondò il delitto».
Gli dissi pure: «Gesù mi amava quando l’amareggiavo? E lui: «Sempre ama; ma altro è l’amore di compiacenza, altro è l’amore di compassione».

Tanti sacerdoti, figli spirituali del Padre, si stringono intorno a lui e umilmente si prostrano chiedendogli la benedizione e l’augurio pasquale. In quei tempi proibirono ai buoni sacerdoti di servire la Messa a Padre Pio.

Ma perché ci si opponeva a ciò che era santo? Perché ostacolare la santa missione del giusto? Io ho sempre pensato che il vero motivo era perché non conoscevano né il Padre né Gesù, che l’ha mandato al mondo. Se avessero conosciuto e amato Gesù, avrebbero conosciuto e amato anche il Padre: il più umile, il più buono, il più santo sacerdote della Chiesa che ogni mattina, prima che sorgesse il sole, s’immolava per tutti.

Il Signore permetteva che, sotto i loro occhi, i buoni sacerdoti forestieri si mettessero in ginocchio, in fila con i fedeli, attendendo con umile pazienza il passaggio del Padre per baciargli la mano. Certe volte il Padre, per umiltà, li guardava con un dolce sorriso, ma non permetteva che gli baciassero la mano: erano sacerdoti come lui. Accorgendosi però che restavano mortificati, l’umiltà cedeva il posto alla carità e, di tanto in tanto, porgeva loro la mano.

Tutti bramavano di baciare quella mano sanguinante, quel bel dono di Dio che era tutto un profumo, profumo noto a tutti: lo sentivano anche nei loro paesi. «Cos’è il tuo profumo?», gli domandai un giorno. Mi dette la stessa risposta: «È la mia presenza».

Non negò l’esistenza del suo profumo, che tanto confortava le anime nelle ore tristi e quando erano costretti a vivere lontano da lui. Dio è Provvidenza. La cella ne era impregnata, il confessionale, la sedia, gli indumenti, il vestito, il mantello, i sacri paramenti. Babbo mio, ora che non sei più in mezzo a noi, conforta il nostro afflitto cuore con il tuo profumo.